Le “morti in eccesso” (excess deaths) sono costituite dal numero di decessi che, in una determinata area geografica e periodo temporale, superano la “soglia” rappresentata dal numero “storico” di decessi di tale periodo nell’area considerata, calcolato sulla media degli anni precedenti. Sono, in altre parole, le morti in più rispetto a quelle che si verificano in una situazione normale, causate da fattori come epidemie, ondate di caldo, guerre, eventi catastrofici di vario genere. Questo dato è solitamente utilizzato per calcolare le vittime effettive delle epidemie, risultando generalmente impossibile sottoporre tutti a test per verificarne la positività ai virus.
I dati ufficiali sui decessi causati dal covid in Lombardia ed in Italia, come del resto nella maggior parte dei Paesi più colpiti in tutto il mondo, risultano purtroppo incompleti a causa dell’impossibilità, specialmente (nel caso italiano) a marzo e nelle province più colpite, di sottoporre tutte le vittime a tampone: migliaia di vittime del covid, soprattutto tra quelle decedute in casa propria od in case di riposo, sono state sepolte senza essere mai state sottoposte a tampone, e non sono state per questo conteggiate nel bilancio ufficiale, che risulta conseguentemente sottostimato. Le statistiche sulle “morti in eccesso”, viceversa, offrono una visione più veritiera dell’effettivo bilancio umano della pandemia.
Di seguito, le tabelle con i dati relativi ai Comuni di ogni provincia lombarda:
Fonte dei dati riportati
nelle tabelle è la “Tavola decessi per
7270 Comuni nel periodo 1 gennaio-15 maggio per la media degli anni 2015-2019 e
per l’anno 2020 per comune di residenza, con approfondimenti per sesso ed età
sul periodo 1 marzo- 15 maggio”, pubblicata il 18 giugno 2020 dall’ISTAT e
scaricabile al seguente link: https://www.istat.it/it/files//2020/03/Tavola-riepilogativa-e-tracciato-record.zip
I dati disponibili coprono
1469 Comuni, su un totale di 1506 esistenti in Lombardia (il 97,5 %). Più
precisamente, sono disponibili dati su 241 dei 243 Comuni della provincia di Bergamo,
203 dei 206 della provincia di Brescia, 143 dei 160 della provincia di Como, 112
dei 115 della provincia di Cremona, 82 degli 85 della provincia di Lecco, 59 dei
61 della provincia di Lodi, 62 dei 70 della provincia di Mantova, 131 dei 134 della
provincia di Milano, 53 dei 55 della provincia di Monza, 176 dei 188 della
provincia di Pavia, 77 dei 78 della provincia di Sondrio, 130 dei 141 della
provincia di Varese.
Dei 1469 Comuni in
questione, 1220 (83 %) hanno registrato un aumento della mortalità, 151 (10,3
%) hanno registrato un calo della mortalità, 98 (6,7 %) non hanno infine
registrato alcuna variazione della mortalità, né in positivo, né in negativo.
Eccesso di mortalità nelle
province della Lombardia:
Provincia di Bergamo: 6011
“morti in eccesso” (+6019 nei Comuni che hanno visto un incremento della
mortalità, -8 in quelli che hanno visto un decremento della mortalità)
Provincia di Brescia: 4306
“morti in eccesso” (+4337, -31)
Provincia di Como: 720
“morti in eccesso” (+782, -62)
Provincia di Cremona: 2039
“morti in eccesso” (+2043, -4)
Provincia di Lecco: 876
“morti in eccesso” (+886, -10)
Provincia di Lodi: 928
“morti in eccesso” (+936, -8)
Provincia di Mantova: 825
“morti in eccesso” (+837, -12)
Provincia di Milano: 5086
“morti in eccesso” (+5103, -17)
Provincia di Monza: 1329
“morti in eccesso” (+1334, -5)
Provincia di Pavia: 414
“morti in eccesso” (+442, -28)
Provincia di Sondrio: 289
“morti in eccesso” (+318, -29)
Provincia di Varese: 676
“morti in eccesso” (+759, -83)
Totale: 23.499 morti in più del normale in
tutta la regione tra il 1° gennaio ed il 31 maggio 2020, ossia 6751 in più rispetto alle 16.748 vittime covid ufficiali in tutta
la regione al 12 luglio 2020.
La sottostima è
concentrata soprattutto nelle province più colpite, a partire da quella di
Bergamo, dove le “morti in eccesso” sono quasi il doppio rispetto al bilancio
ufficiale delle vittime covid.
Incidenza delle “morti in
eccesso” sulla popolazione di ogni provincia:
Bergamo: 0,54 %
(popolazione totale: 1.110.457)
Brescia: 0,34 % (popolazione
totale: 1.262.135)
Como: 0,12 % (popolazione
totale: 599.637)
Cremona: 0,57 %
(popolazione totale: 358.578)
Lecco: 0,26 % (popolazione
totale: 337.256)
Lodi: 0,40 % (popolazione
totale: 229.946)
Mantova: 0,20 %
(popolazione totale: 411.959)
Milano: 0,16 %
(popolazione totale: 3.233.541)
Monza: 0,15 % (popolazione
totale: 871.523)
Pavia: 0,07 % (popolazione
totale: 545.611)
Sondrio: 0,16 %
(popolazione totale: 181.249)
Varese: 0,08 %
(popolazione totale: 890.418)
Si nota quindi un
andamento alquanto disomogeneo della mortalità a livello regionale: mentre
tutte le province hanno registrato un eccesso di mortalità, le “vittime in
eccesso” sono state meno dello 0,10 % della popolazione in due province (Pavia
e Varese), tra lo 0,10 % e lo 0,19 % in quattro (Como, Milano, Monza, Sondrio),
tra lo 0,20 e lo 0,30 % in due (Lecco e Mantova), tra lo 0,30 e lo 0,39 % in
una (Brescia), tra lo 0,40 e lo 0,49 % in una (Lodi) ed oltre lo 0,50 % in due
(Bergamo e Cremona). Questa differenza è spiegata dal lockdown, che ha impedito
al virus di diffondersi in tutte le province in misura eguale a quanto avvenuto
nelle province dei focolai originari ed in quelle ad esse adiacenti
(Lodi/Cremona, Bergamo/Brescia, che risultano infatti le quattro più colpite).
E’ interessante rilevare
come Lodi, la provincia di Codogno e della originaria “zona rossa”, abbia
registrato un eccesso di mortalità elevato ma sensibilmente inferiore a quello
della vicina Cremona e di Bergamo. Non sembra peregrino ipotizzare che questa
differenza sia riconducibile proprio all’immediata istituzione della “zona
rossa” a Codogno e dintorni, che avrebbe rallentato la diffusione del virus
nella provincia mentre questo continuava a circolare liberamente a Cremona
(causa la vicinanza con Lodi) ed a Bergamo (causa il focolaio di Alzano e
Nembro) durante il periodo intercorso tra l’istituzione della “zona rossa”
lodigiana (23 febbraio) e l’istituzione del lockdown in tutta la Lombardia (8
marzo).
Un approfondimento
meritano le province di Cremona e Bergamo, le più colpite.
A Cremona, in dodici
Comuni (Acquanegra Cremonese, Casalbuttano ed Uniti, Casalmorano, Cingia de’
Botti, Crotta d’Adda, Robecco d’Oglio, San Martino del Lago, Scandolara Rivara,
Solarolo Rainerio, Sospiro, Stagno Lombardo, Trigolo) l’eccesso di mortalità è
stato pari o superiore all’1 % della popolazione complessiva; il Comune più
martoriato appare essere stato Cingia de’ Botti, dove l’eccesso di mortalità è
ammontato addirittura al 3,36 % dei 1220 abitanti, seguito da Casalbuttano ed
Uniti (l’1,92 % dei 3851 abitanti), Scandolara Rivara (l’1,86 % dei 1346
abitanti) e Casalmorano (l’1,85 % dei 1622 abitanti).
In una provincia in cui
soltanto tre Comuni (Crema, Cremona e Casalmaggiore) superano i 10.000
abitanti, sono due i Comuni in cui le vittime “in eccesso” sono state più di
cento: il capoluogo Cremona (403 vittime su 72.680 abitanti) e Crema, seconda
città della provincia (219 vittime su 34.633 abitanti).
A Bergamo i Comuni in cui
l’eccesso di mortalità è stato pari o superiore all’1 % della popolazione
complessiva sono stati 33: Averara, Azzone, Bianzano, Brembate di Sopra,
Brumano, Camerata Cornello, Carona, Casnigo, Cassiglio, Cene, Clusone, Costa
Valle Imagna, Cusio, Fiorano al Serio, Fonteno, Gazzaniga, Leffe, Lenna, Moio
de’ Calvi, Nembro, Oneta, Ornica, Parzanica, Piazzatorre, San Pellegrino Terme,
Santa Brigida, Schilpario, Songavazzo, Valbondione, Valleve, Valtorta, Villa
d’Adda, Zogno. Particolarmente colpiti i paesini di montagna come Fonteno (dove
l’eccesso di mortalità è stato del 2,45 % del 571 abitanti), Cusio (il 2,13 %
dei 235 abitanti), Piazzatorre (l’1,79 % dei 390 abitanti) e Costa Valle Imagna
(l’1,78 % dei 562 abitanti).
In sette Comuni l’eccesso
di mortalità ha superato le cento vittime: Bergamo (622 vittime su 122.383
abitanti), Seriate (152 vittime su 25.505 abitanti), Nembro (151 vittime su
11.508 abitanti), Albino (148 vittime su 17.778 abitanti), Treviglio (123
vittime su 30.930 abitanti), Dalmine (122 vittime su 23.655 abitanti), Alzano
Lombardo (108 vittime su 13.701 abitanti).
E’ opportuno precisare che
la quasi totalità delle “morti in eccesso” si è verificata nei mesi di marzo ed
aprile 2020; nei mesi di gennaio e febbraio, viceversa, la mortalità generale
era risultata leggermente più bassa rispetto al corrispondente periodo negli
anni 2015-2019, mentre nel mese di maggio la mortalità è tornata ai livelli
pre-covid. Se si considerassero soltanto le morti in eccesso nei mesi di marzo
ed aprile, il loro numero risulterebbe pertanto ancora più elevato rispetto al
periodo marzo-aprile degli anni precedenti.
A titolo di paragone, si ricorda che il tasso di letalità dell'influenza è inferiore allo 0.1 % degli infetti. Nelle province di Bergamo e Cremona è deceduto oltre lo 0.5 % della popolazione (quasi lo 0.6 % in quella di Cremona), pertanto se tutta la popolazione fosse stata infettata, il covid risulterebbe cinque-sei volte più letale dell'influenza; naturalmente, tuttavia, la percentuale di popolazione infettata è sensibilmente inferiore al 100 %. A Bergamo, da test sierologici effettuati, risulterebbe una percentuale d'infezione del 50-60 %; combinato con la morte di oltre lo 0.5 % della popolazione, ciò comporterebbe un tasso di letalità intorno all'1 %, ossia dieci volte quello dell'influenza. Vi è poi il caso di Comuni (ad esempio, Nembro) in cui è morto oltre l'1 % dell'intera popolazione.
In mancanza di un lockdown e di altre misure restrittive, se il covid fosse riuscito a diffondersi in tutta Italia nella stessa misura di Bergamo e Cremona, ipotizzando una mortalità generale uguale a quella riscontrata in queste due province (0.54-0.57 % dell'intera popolazione), le vittime sarebbero state 324.000-342.000. Va infine considerato che questo non è neanche il "worst case scenario", in quanto la diffusione del virus in tutto il territorio nazionale avrebbe saturato l'intero sistema sanitario (impedendo, come invece è avvenuto nei mesi passati, di alleggerire la pressione sugli ospedali delle zone più colpite trasferendo parte dei malati gravi in ospedali di altre regioni rimaste relativamente indenni), e che senza provvedimenti della severità di quelli intrapresi nei mesi scorsi il tasso d'infezione sarebbe potuto anche essere superiore al 50-60 % rilevato a Bergamo. In 69 Comuni lombardi l'eccesso di mortalità ha superato l'1 % della popolazione: se una simile situazione si fosse verificata in tutta Italia, le vittime sarebbero state oltre 600.000.
Sempre a titolo di paragone, si rammenta qui che le peggiori pandemie del XX secolo dopo la "spagnola" - l'influenza "asiatica" del 1957-1958 e l'influenza di Hong Kong del 1968-1969 - provocarono in tutta Italia tra le 20.000 e le 30.000 vittime (calcolate in base all'"eccesso di mortalità"), e questo in un arco di tempo molto più lungo (due anni) ed in mancanza delle misure di contenimento che hanno impedito al covid di diffondersi nella maggior parte del Paese.
In mancanza di un lockdown e di altre misure restrittive, se il covid fosse riuscito a diffondersi in tutta Italia nella stessa misura di Bergamo e Cremona, ipotizzando una mortalità generale uguale a quella riscontrata in queste due province (0.54-0.57 % dell'intera popolazione), le vittime sarebbero state 324.000-342.000. Va infine considerato che questo non è neanche il "worst case scenario", in quanto la diffusione del virus in tutto il territorio nazionale avrebbe saturato l'intero sistema sanitario (impedendo, come invece è avvenuto nei mesi passati, di alleggerire la pressione sugli ospedali delle zone più colpite trasferendo parte dei malati gravi in ospedali di altre regioni rimaste relativamente indenni), e che senza provvedimenti della severità di quelli intrapresi nei mesi scorsi il tasso d'infezione sarebbe potuto anche essere superiore al 50-60 % rilevato a Bergamo. In 69 Comuni lombardi l'eccesso di mortalità ha superato l'1 % della popolazione: se una simile situazione si fosse verificata in tutta Italia, le vittime sarebbero state oltre 600.000.
Sempre a titolo di paragone, si rammenta qui che le peggiori pandemie del XX secolo dopo la "spagnola" - l'influenza "asiatica" del 1957-1958 e l'influenza di Hong Kong del 1968-1969 - provocarono in tutta Italia tra le 20.000 e le 30.000 vittime (calcolate in base all'"eccesso di mortalità"), e questo in un arco di tempo molto più lungo (due anni) ed in mancanza delle misure di contenimento che hanno impedito al covid di diffondersi nella maggior parte del Paese.